Bias di conferma: come funziona e come si applica nel marketing

da | Mag 16, 2022 | Neuroscienze | 0 commenti

Oggi affrontiamo un argomento tanto interessante quanto fondamentale nel mondo del marketing e non solo. Un argomento che cambierà il tuo modo di vivere la quotidianità, dal momento in cui accedi a Facebook oppure fai zapping nei canali televisivi ai processi decisionali che affrontiamo ogni giorno. Stiamo parlando del bias di conferma. Prima però è necessario comprendere insieme cosa si intende per bias cognitivo.

 

Cosa sono i bias cognitivi e a cosa servono?

 

Ogni giorno il nostro cervello è bersagliato da tantissime informazioni, motivo per il quale ricorre a delle vere e proprie strategie cognitive per essere più veloce nell’elaborazione delle stesse, risparmiando tempo prezioso. Parliamo di scorciatoie mentali, che spesso ci portano a commettere errori di ragionamento e errori decisionali. Da sempre, i bias cognitivi sono oggetto di studio del neuromarketing. Perché? L’obiettivo di quest’ultimo è comprendere nella maniera più efficace e performante i processi decisionali che avvengono nelle persone quando decidono di acquistare un determinato prodotto o scegliere un determinato servizio. E comprendere come funzionano i bias cognitivi ci permette di avere ben a mente i meccanismi che possono influenzare/modificare i processi d’acquisto.

Devi sapere che i bias cognitivi interessano sia l’utente che sta per effettuare una determinata azione che i brand che offrono un determinato prodotto/servizio. Per questo è fondamentale conoscerli per poterli contrastare. E soprattutto per realizzare una strategia di marketing efficace e funzionale. Oggi vediamo insieme uno dei bias più potenti e frequenti nel nostro cervello: il bias di conferma.

 

Bias di conferma: cos’è e definizione

 

Il confirmation bias (detto bias di conferma) è una scorciatoia mentale che il nostro cervello mette in azione quando cerca sempre e soltanto conferme su quello che crediamo corretto, piuttosto che mettersi in discussione e aprirsi a nuovi confronti e scenari.

Il bias di conferma, dunque, è un atteggiamento molto comune dell’essere umano, un vero e proprio pregiudizio cognitivo che ci porta a prediligere le informazioni che supportano le nostre convinzioni, ignorando tutte quelle contrarie. Da ciò ne deriva una distorsione dei processi informativi e decisionali.

L’imprenditore e azionario Charlie Munger paragona la mente all’ovulo. Ti chiederai il senso di questa comparazione. Per il loro meccanismo di chiusura nel momento in cui vi è l’ingresso di una determinata informazione (nel caso dell’ovulo, dello spermatozoo).

 

Il confirmation bias esiste da sempre: ecco gli esempi storici che lo testimoniano

 

Come abbiamo anticipato e vedremo nei paragrafi successivi, il bias di conferma è un processo molto frequente, più che mai attuale data la quantità illimitata di informazioni, dati ed eventi ai quali siamo esposti. Una mole davvero sostanziosa, che il cervello umano non potrebbe mai gestire senza ricorrere a determinate scorciatoie mentali. Ma questo fenomeno in realtà trova le sue radici in tempi molto remoti, si parla del 460 a.C quando lo storico Tucidide analizzava come le persone facessero affidamento alla speranza affinché ciò che desideravano fosse vero mentre utilizzavano la ragione per evitare ciò che ritenevano scomodo.

Un pregiudizio cognitivo, dunque, che è sempre esistito come si evidenzia dagli esempi che abbiamo individuato per te:

  1. Il filosofo Francis Bacon, nel 1620, nel suo libro Novum Organum Scientiarum, sottolineava come l’essere umano, una volta generata un’opinione, considera valide soltanto le prove e le informazioni che la confermano e tende anche a distorcere la realtà, interpretando in modo funzionale le informazioni che riceve;
  2. Richard Shotton, autore del libro “La Fabbrica delle Scelte”, racconta di un’intervista che ha svolto, insieme a Jenny Riddell, su un campione di 1004 elettori durante le elezioni del Regno Unito. L’obiettivo dell’intervista era comprendere come il campione degli elettori giudicasse la proposta di aumentare l’IVA di un penny affinché venisse finanziata l’assunzione di altri 10000 infermieri. A metà degli elettori viene comunicato che la proposta era stata fortemente voluta dal partito laburista, all’altra metà invece che proveniva dal partito conservatore. I risultati?
    – L’adesione alla proposta era consistente quando i sostenitori dei laburisti scoprivano che dietro la stessa vi fosse il loro partito (parliamo del 14%). Quando gli stessi invece scoprivano che era un’idea del partito opposto, il sostegno crollava del 3%;
    – Stesso discorso per i sostenitori del partito conservatore il cui sostegno alla proposta era 4 volte maggiore quando veniva comunicato loro che l’idea era del proprio partito;
  3. Charles Lord, Lee Ross e Mark Lapper hanno condotto una ricerca nel 1979 presso la Stanford University che vedeva coinvolti due gruppi di persone, uno contrario e uno favorevole alla pena di morte. Agli stessi vennero mostrati due studi (falsi) in cui:
    – In uno venivano analizzati dati e informazioni che evidenziavano come la pena di morte riducesse il numero di omicidi;
    – Nell’altro venivano analizzati dati che dimostravano che non v’era alcuna correlazione tra il numero di omicidi e il numero di persone condannate a morte.
    Cosa si è evidenziato in questa ricerca? Che entrambi i gruppi valutavano come veritieri soltanto gli studi che confermavano le loro convinzioni e ignoravano gli altri o nella maggior parte dei casi ponevano delle contestazioni e delle critiche sulla veridicità dei dati raccolti.

 

Come influenza la nostra vita il bias di conferma? Vediamolo insieme

 

Tutti gli esempi che abbiamo visto insieme, tutti gli esperimenti analizzati ci portano a un’unica grande riflessione. È davvero poco semplice ribaltare le opinioni negative che abbiamo, è davvero poco semplice valutare informazioni che vanno in contrasto con ciò che riteniamo più giusto, è davvero poco semplice analizzare tutti i dati che riceviamo ogni giorno con razionalità e logica. I bias esistono e sono sempre esistiti, rappresentano per tutti noi delle vie di fuga per processare un quantitativo innumerevole di informazioni che in altro modo non siamo in grado di gestire. I bias sono la strada più semplice, veloce e immediata per rafforzare l’autostima che abbiamo in noi stessi e nelle idee che abbiamo, con tesi e dati a conferma, evitando tutto ciò che potrebbe mettere in discussione la nostra capacità decisionale o cognitiva. Al tempo stesso, rafforzano la nostra adesione al gruppo di appartenenza, facilitando l’interazione con le persone che la pensano come noi, che hanno le nostre stesse idee e vedute.

Queste scorciatoie mentali ci portano a commettere degli errori di ragionamento che possono compromettere i processi decisionali che effettuiamo ogni giorno. La storia ce lo insegna: basta ricordare la caccia alle streghe e l’istituzione di veri e propri tribunali per condannarle al rallentamento di determinati studi medici per non contrastare idee popolari senza alcun fondamento.

 

Bias di conferma e social network: il terreno più fertile

 

Sai qual è il territorio più fertile per il bias di conferma? I social network. Questi canali rappresentano il veicolo più veloce e potente affinché il nostro cervello possa mettere in pratica il bias di conferma. Perché? Ogni giorno, scorrendo la homepage di Facebook o guardando le stories di Instagram, siamo esposti a tantissime informazioni, annunci pubblicitari, video e ogni contenuto che viene creato per poter attirare la nostra attenzione. Per poter elaborare tutte queste informazioni, il nostro cervello alza le barriere e sceglie in modo automatico di dare rilevanza a tutto ciò che conferma le sue convinzioni pregresse, le sue opinioni, le idee sul suo gruppo di appartenenza (band wagon bias).

Ed è qui che Facebook sfrutta il bias di conferma: ci mostra i contenuti di nostro interesse, di nostro gradimento, pensieri di coloro che appartengono già alle nostre “relazioni di amicizia” e non solo. Grazie alla raccolta, analisi e misurazione di dati, gli algoritmi di Facebook sanno cosa è di nostro interesse e ci mostrano quello per spingerci a compiere l’azione da loro desiderata.

 

Come sfuggire al bias di conferma nella propria strategia di marketing?

 

Il primo consiglio che ti diamo è quello di concentrare la tua attenzione sull’audience ottimale per il tuo brand. Su quali clienti dobbiamo puntare? Non di certo sui rejecter, le persone che non acquisteranno anche qualora utilizzassimo la migliore comunicazione. Come hai infatti visto dagli esempi precedenti, il bias di conferma è ben radicato nel cervello di ognuno di noi e per evitare che questo meccanismo si accenda, occorrono degli sforzi in alcuni casi davvero sproporzionati.

Al tempo stesso, ci sono delle situazioni in cui è poco semplice evitare di comunicare con coloro che, per convinzioni pregresse, ritengono il nostro brand poco affine ai loro interessi. E dunque cosa dobbiamo fare?

Bene, intercettarli nel momento in cui sono più distratti. Cosa vogliamo dire? Che se comunichiamo con loro nel momento di massima concentrazione, il cervello, dinanzi il tentativo palese di influenzare le opinioni, attiva contro-argomentazioni affinché non debba cambiare idea. Se invece comunichiamo in un momento di distrazione con i nostri rejecter, il cervello non si accorgerà del tentativo di persuasione in atto e il bias di conferma resta inattivo.

Devi sapere che il bias di conferma è così forte perché accresce la nostra autostima, ci porta a credere che ne sappiamo più di tutto e tutti, soprattutto di coloro che comunicano sui canali digitali (over-confidence bias).

 

Come utilizzare il bias di conferma nella propria strategia di marketing?

 

Il primo metodo per utilizzare il bias di conferma nella comunicazione con i propri clienti e alle persone che hanno mostrato un interesse verso il nostro brand è rafforzare i pareri positivi e la prima impressione che hanno avuto quando si sono interfacciati con la nostra realtà. É proprio come se andassimo ad aggiungere altre tappe di un viaggio la cui partenza è stata meravigliosa e il traguardo lo è ancora di più.

Il secondo metodo sta nel conoscere a fondo il proprio cliente. Cosa desidera attualmente? Quale problema deve risolvere? Quale necessità ha? Rispondendo a queste tre domande nel modo migliore lo porteremo a credere che siamo noi la scelta più giusta per lui.

Il terzo metodo è ricorrere a dei testimonial affidabili nel proprio settore senza però cadere nell’halo effect. Molto utile è anche condividere la testimonianza di persone che hanno utilizzato i nostri prodotti e hanno scelto i nostri servizi raggiungendo il loro obiettivo. Daremo una motivazione valida in più per sceglierci sfruttando la riprova sociale.

Se desideri conoscere ulteriori bias cognitivi e come applicarli e gestirli nella tua strategia di marketing, segui il nostro blog e iscriviti alla newsletter.

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